Se non avete trascorso, per qualche strano motivo, la scorsa settimana fuori dal pianeta Terra, anche voi sarete stati colpiti dal fenomeno delle fotografie in stile studio Ghibli. Ogni influencer o creator ha postato le sue, le chat di amici e zii sono state invase da rielaborazioni più o meno goffe delle foto di famiglia, i social si sono riempiti di meme con Pacciani, Peppe Fetish, Berlusconi in versione Miyazaki.
Di cosa si tratta? Di una nuova feature di ChatGPT, il chatbot di intelligenza artificiale generativa più famoso di tutto il cucuzzaro (sviluppato dall’azienda OpenAI), che ha da poco rilasciato un generatore di immagini basato sul modello GPT-4o. Potentissimo e relativamente facile da utilizzare, a giudicare da queste prime prove. E quando qualcosa è potente e accessibile al tempo stesso, sappiamo tutti cosa succede: le cose ci scappano di mano.
Qualcuno ha scoperto che: 1) ChatGPT è molto bravo a copiare alcuni stili grafici moto riconoscibili, come quello dello studio Ghibli; 2) il blocco che si applica per motivi di copyright alla riproduzione dello stile di un singolo artista non esiste(va) quando si parla di studi di animazione, come Disney, Pixar o appunto Ghibli. E quindi tutti ad accordarsi all’estemporanea moda. Ammettetelo, anche solo per gioco, anche solo una volta, l’avete fatto anche voi. Anche noi lo abbiamo provato…
Qualcuno sostiene addirittura che questa rincorsa incredibile alla ghiblizazzione delle nostre fotografie abbia causato il blocco di ChatGPT del 31 marzo, giorno in cui effettivamente è stato molto difficile utilizzare i suoi servizi. Non ci sono dichiarazioni ufficiali in merito, ma non ci stupirebbe: anche insospettabili eremiti mai avvistati sui social si sono buttati nel gioco; chissà che traffico sui server di OpenAI!
Ovviamente - altra regolina che ormai crediamo di aver imparato - poche ore dopo l’accaduto i social si sono spaccati a metà: da un lato i legittimisti, secondo cui è tutto bello e figo e viva il progresso; dall’altro i critici, che in diverse nuance hanno polemizzato con l’accaduto.
Chi ha criticato l’ondata di ghiblizzazione lo ha fatto soprattutto per tre ordini di motivi: 1) avevamo bisogno di un’ennesima moda omologatrice che invade le nostre bacheche?; 2) ma non è che sotto sotto è un modo furbo per aggirare le già spinosissime questioni legate al copyright e all’IA?; 3) non stiamo uccidendo la creatività, così legata all’ispirazione, alla dimensione umana ed emozionale, alla personalità degli artisti?
La questione del copyright è davvero complessa. Ancora non si è capito quali siano i confini reali della faccenda: in ogni paese ci si muove a seconda dei regolamenti locali? Vale la localizzazione del chatbot o quella di chi lo usa? Si infrange il copyright generando l’immagine o diffondendola? Il problema sono le immagini date in pasto o il concetto di imitazione? Ma tutto sommato qui si parla di leggi e regole, concetti che questa redazione avverte come noiosissimi oltre ogni confine: ci auguriamo giustizia ed equità per chi lavora nel settore - che davvero, al di là delle multinazionali nipponiche dell’intrattenimento, potrebbe vedere mutato il suo scenario professionale - , ma non abbiamo molto altro da dire. E voi, invece?
Mo chi glielo spiega a Miyazaki “Fa schiuma ma non è sapone”?
La faccenda della creatività, forse, ci avvince di più, ma probabilmente non sarete d’accordo con noi. Davvero le cose stanno come sostengono i detrattori? Davvero è degno della definizione di “arte” solo quello che è prodotto dall’ingegno umano? Senza dubbio è una questione di semantica, decidete la definizione che vi piace di più e seguitela (qualche spunto a riguardo qui). Vi segnaliamo però che buona parte di ciò che voi fruite chiamandola “arte” o “letteratura” non è l’esternazione di un genio intimo e individuale, ma la risultante di pensieri di gruppo, plagi, ibridazioni, casualità, processi automatici e non di rado definibili come (almeno parzialmente) artificiali. Se volete un inquadramento del tema, c’è un bel libro che ne parla.
E del resto, pensateci. Abbiamo alzato le barricate per difendere l’onore artistico di Miyazaki Sensei, il suo genio, la sua creatività, senza minimamente mettere a tema il fatto che lo stile saccheggiato per queste immagini non è propriamente “suo”, ma dello studio Ghibli. Che è composto anche da Isao Takahata, Yoshifumi Kondo, Tomomi Mochizuki, Goro Miyazaki, Hiromasa Yonebayashi e centinaia di disegnatori, animatori, sceneggiatori, revisori, segregati ai margini dei titoli di coda, talvolta sottopagati e sicuramente ignoti ai più (oltre che in burn out duro), nonostante senza il loro pezzo di prezioso lavoro questi film non potremmo vederli. Chi è “Ghibli”?
C’è chi ha addirittura scomodato lo stesso Miyazaki, che nel 2016 si era mostrato molto duro nei confronti dell’allora nascente applicazione dell’IA all’animazione. Ovviamente chi ha citato le sue parole lo ha fatto per rispondere a questo bizzarro fenomeno di inizio aprile, senza menzionare la data della dichiarazione e decontestualizzandola completamente. E, magia degli algoritmi e delle IA che regolano i flussi informativi in rete (di cui ce ne freghiamo clamorosamente, alla faccia della paura di disumanizzazione), in un attimo tutto si è trasformato in un Miyazaki vs Resto del mondo. Un altro fenomeno che chi bazzica sui social conosce molto bene.
A ogni modo, mentre vi scriviamo OpenAI ha bloccato la feature e quindi non è più possibile generare immagini in stile Ghibli. Ma è un singolo caso, la questione è solo rimandata e sicuramente si tornerà a parlare di tutto ciò in futuro.
Come dite? Abbiamo dimenticato di affrontare la criticità 1) del fenomeno, cioè il fatto che si tratti dell’ennesima moda che contagia tutti i contenuti che incontriamo ogni giorno in rete? Forse questo è davvero l’unico punto che ci trova completamente d’accordo. Forse non ci meritavamo l’ennesima marea narcisistica e omologante sulle nostre bacheche. Soprattutto, non ci meritavamo l’ennesima polarizzazione stantìa per dividere il mondo in giusti e sbagliati… che noia!
Voi che ne pensate? Avete deciso di inserirvi in una delle due sponde del dibattito? Vi siete disinteressaty della questione? O avete qualcosa da dire in merito? Vi aspettiamo nei commenti…
A domenica prossima!
📺 Carol sta guardando: The White Lotus, Pechino Express. Ultimamente ha visto Conclave, che vi consiglia!
📖 sta leggendo: Come pensano le foreste: per un’antropologia oltre l’umano
📺 Enrico sta guardando: The white lotus, Only murders in the building, Zero day
Vi ricordiamo che da domenica scorsa è in onda la quinta puntata di CICLOSTYLE PODCAST… correte ad ascoltarla!
Si ma chi è la gente sui social che ha usato questo filtro? Molti non ne sanno nulla di tuto ció che ho scritto ma moltissimi altri si. Il filtro è stato usato anche da gente consapevole, politici prima di tutti, infatti la questione iniziale é stato l'utilizzo della AI per fare propaganda politica accattivante, da lí la diffida del Ghibli a chatgpt visto che il filtro su tiktok esisteva già da molto tempo anche se poi era stato tolto e di nuovo aggirato, ( il filtro più diffuso é quello disney-pixar per esempio) ma la moda è cominciata, dalle mie informazioni, da quello lanciato dalla casa bianca, non ho capito se avessero intercettato un trend che in italia ed europa non c'era ancora ma la foto dell'arresto ridicolizzando l'etnia dell'arrestata ha fatto da cassa di risonanza inarrestabile. Questo credo sia il fenomeno assolutamente nuovo, il ritorno della propaganda e delle politiche razziali attraverso il linguaggio più pop e penettante che ci sia, il cartone animato e l'adozione di uno strumento come questo, legato a una sematica emozionale dell'infanzia, rassicurante, sicura, per fare qualsiasi cosa anche diffondere astio e ostilitá
avete trascurato dei punti fondamentali: la lettera di diffida che lo Studio Ghibli ha diffuso e che qui non è citata dove non solo reclama il diritto d'utilizzo dello stle e della creatività degli artisti dello studio ma che non vuole che il pubblico pensi che lo studio è associato o collabori con altri soggetti, collaborazioni che non esistono ( implicito: non solo soggetti commerciali ma soprattutto politici). che il vero clamore lo ha fatto la foto ghiblizzata e diffusa dalla Casa Bianca dell'arresto della trafficante dominicana che piange e che il modello ha "interpretato" come brutta grassa grottesca e ridicola mentre l'ufficiale di polizia come bello e severo e che poi è stata ghiblizzata ola diffusione di altre immagini come la foto di Trump all'attentato protetto dai body guard con il pugno alzato da eroe, l'aggressione verbale a Zelensky. che la Meloni si è ghiblizzata con la campanella il giorno dell'insediamento ma anche con un cartello con scritto " grazie Italia", il premier indiano, la famosa foto di Berlusconi all'annuncio della scesa in campo poitico con la libreria dietro sono stati o si sono ghiblizzati. il fatto che il copyright non è ' di " myazaki" ma appunto dello " studio ghibli" che è un soggetto giuridico come lo è qualsiasi azienda e quindi il prodotto finale non è di tizio che lo ha disegnato e di caio che lo ha animato ma dell'azienda che accredita i vari stadi di processo creativo ai rispettivi responsabili ed esecutori e lo stile riconoscibile fa parte della brandizzazione dell'azienda . il fatto che le AI non regolano nessun algoritmo ma sono addestrate con quello che gli si dà e che molto banalmente se gli si dà una marea di immagini di quel tipo loro " imparano" ad usarle e ad applicarle creando un modello, il problema è che quelle migliaia di immagini sono protette da copyright. che il prompt " trasformami questa foto nello stile dello studio ghibli" sarà anche bloccato ma è facilmente aggirabile e che tutto ciò che è giochetto social di alterazione del viso e dell'identità della persona sono ulteriori dati che regaliamo alle aziende e quindi alle AI per addestrarle nel riconoscimento facciale, perchè il fatto che noi non paghiamo per queste mode non vuol dire che chi ci fornisce il servizio non ci guadagni, anzi ci guadagna milioni di milioni. a quale scopo? qualsiasi scopo. il problema è che queste architetture algoritmiche e questi database sono difficilmente indagabili e studiabili perchè nella maggior parte dei casi , quasi tutti , sono segreto industriale. il problema della creatività dagli stralci di altri pezzi di " testo" è una questione vecchissima, di secoli, nella musica classica non ne parliamo, rimanendo a tempi più vicini i collage di Mimmo Rotella o per fare un esempio più alla portata di tutti tutto il corpus della musica rap vive di copiature rimaneggiate e stralci di altre cose inserite fino a un po' di tempo fa non certo legittimate. lo è il problema dello sfruttamento dell'immagine di attori in film in cui la loro immagine viene replicata ma loro vengono pagati per la sole inquadrature in cui sono effettivamente filmati. o l'utilizzo dell'immagine di attori morti come Ian Holm, con il permesso della famiglia, nel film "Alien Romolus" film del 2024 e l'attore morto nel 2020, per creare un anello di congiunzione con altri film della saga ( o meglio: franchise) . il problema della creatività è veramente l'ultimo aspetto quanto l'uso di queste immagini e di questi modelli da parte di chi e con quale scopo.